dicembre 01
10:23
2014
Truccano il prezzo dell’oro, giocando al
ribasso e colpendo l’economia e i risparmiatori, solo per proteggere il
dollaro, cioè la grande speculazione finanziaria. Peggio ancora:
controllati e controllori sono le stesse persone. In un sistema sano,
dovrebbero finire in galera. Lo affermano Paul Craig Roberts e Dave Kranzler:
la finanza americana è un colossale imbroglio, scrivono, e cospira
contro l’economia reale, a cominciare da quella degli Stati Uniti,
aziende e famiglie. Sono accusa i “bankster” delle famigerate “bullion
bank”, soprattutto Jp Morgan, Hsbc, ScotiaMocatta, Barclays, Ubs e
Deutsche Bank: «Agendo probabilmente per conto della Federal Reserve,
hanno sistematicamente spinto al ribasso il prezzo dell’oro», dal
settembre del 2011. «Tenere basso il prezzo dell’oro serve a proteggere
il dollaro Usa da una esplosione incontrollata dell’aumento del valore
del dollaro e dei debiti in dollari». Certo, la domanda di oro continua a
salire. Ma il prezzo viene tenuto basso col trucco dei “futures”: il
prezzo dell’oro non è determinato dal mercato fisico, ma dalle scommesse
speculative sul prezzo che si vuole stabilire.
«Praticamente tutte le scommesse effettuate
sul mercato dei “futures” sono pagate in contanti, in moneta e non in
oro», spiegano Craig Roberts e Krnzler. Così, «il pagamento in contanti
dei contratti serve a spostare dal mercato fisico al mercato monetario
il luogo in cui si determina il prezzo dell’oro». E’ il terreno
perfetto per manpolazoni d’ogni genere. L’ultima macchinazione
orchestrata? E’ legata alla Fed, per esempio, che ha deciso di far
salire il picco del tasso di cambio del dollaro dopo aver annunciato la
fine del “quantitative easing”. Appena la banca centrale Usa ha
dichiarato che avrebbe smesso di stampare dollari per sostenere il
prezzo delle obbligazioni, ha dato mandato alle banchedi far scendere il
prezzo dell’oro con nuove vendite “naked”, cioè “allo scoperto”.
Funziona così: enormi quantità di contratti a termine “scoperti”, cioè
solo di carta, vengono stampati per essere buttati, tutti in una volta,
sul mercato dei “futures” nei momenti in cui il mercato tende a salire.
«Aumentando l’offerta di “oro di carta”, le vendite di enormi quantità
servono a far scendere il prezzo dei “futures”, ed è il prezzo del
“future” che determina il prezzo a cui le quantità fisiche dei lingotti
possono essere acquistate».
Stesso schema in Giappone, dove il prezzo
dell’oro – su pressione di Washington – è stato fatto crollare per
compensare l’effetto del nuovo massiccio programma di “Qe”. Obiettivo:
impedire che l’oro si valorizzasse come bene-rifugio, a scapito della
speculazione finanziaria. «L’annuncio del Giappone di voler creare
moneta all’infinito avrebbe dovuto provocare un rialzo del prezzo
dell’oro. Quindi, per evitare questa prevedibile risalita, alle 3 di
notte – ora occidentale – mentre era in corso un intenso scambio di
“futures” dell’oro, il mercato dei “futures” elettronico (Globex) è
stato investito da una improvvisa vendita di 25 tonnellate di contratti
Comex di “oro di carta”, allo scoperto, facendo scendere immediatamente
il prezzo dell’oro a 20 dollari. «Nessun venditore onesto avrebbe
buttato via il proprio capitale con una vendita di quel genere, in quel
modo». Il prezzo dell’oro si è stabilizzato con un lieve rialzo, ma alle
8 del mattino – ora della costa orientale Usa – 20 minuti prima della
apertura del New York Futures Market (Comex), sono state messe in
vendita altre 38 tonnellate di oro in “futures di carta e allo scoperto”,
sempre per far scendere il prezzo del lingotto. «Anche in questo caso,
nessun investitore onesto si sarebbe liberato di una quantità tanto
enorme di suoi beni personali, cancellando così improvvisamente la sua
propria ricchezza».
Il fatto che il prezzo dell’oro sia
determinato in un mercato di carta – in cui non c’è nessun limite di
quantità nel creare la carta su cui scrivere i contratti – produce lo
strano risultato che la domanda di lingotti di oro fisico si trovi in un
mondo fuori dal tempo, senza rapporti con la produzione reale, e quindi
il prezzo può continuare a scendere, annotano Craig Roberts e Kranzler.
«La domanda asiatica è pesante, in particolare quella dalla Cina, e le
aquile d’argento e d’oro stanno volando via dagli scaffali della zecca
degli Stati Uniti in quantità da record. Le scorte dei lingotti si
stanno esaurendo, ma i prezzi dell’oro e dell’argento continuano a
scendere giorno dopo giorno». Spiegazione: «Il prezzo del lingotto non è
determinato in un mercato reale, ma in un mercato truccato, fatto solo
di carta, in cui non c’è nessun limite alla quantità e alla possibilità
di creare “oro di carta”». Cinesi, russi e indiani «sono ben lieti che
autorità americane corrotte, con questo sistema, rendano loro possibile
acquistare sempre maggiori quantità di oro a prezzi sempre più bassi».
Infatti, «un mercato truccato è proprio quello che ci vuole per gli
acquirenti di lingotti, così come è proprio quello che ci vuole per le
autorità Usa che si sono impegnate a proteggere il dollaro da un aumento
del prezzo dell’oro».
Certo, «una persona onesta potrebbe pensare
che esista una incompatibilità tra una forte domanda per un bene che può
essere fornito solo in quantità vincolata e un contemporaneo calo del
suo prezzo». Il fenomeno è più che anomalo: «Una situazione del genere
dovrebbe suscitare l’interesse degli economisti, dei media finanziari,
delle autorità finanziarie e delle commissioni del Congresso». Tutto
tace, invece. «Dove sono le class action delle compagnie delle miniere
d’oro contro la Federal Reserve, e contro le banche che custodiscono i
lingotti, e contro tutti quelli che stanno danneggiando gli interessi
delle società minerarie con contratti di vendita “allo scoperto” a
breve?». Sottolineano Craig Roberts e Kranzler: «La manipolazione dei
mercati, soprattutto sulla base di informazioni privilegiate, è illegale
e altamente immorale. La vendita allo scoperto – “naked” – sta causando
danni agli interessi delle miniere. Una volta che il prezzo dell’oro
sarà portato sotto i 200 dollari l’oncia, molte miniere
diventeranno antieconomiche. Dovranno chiudere. I minatori diventeranno
disoccupati. Gli azionisti perderanno soldi. Come si può continuare a
mantenere un prezzo a questo livello, ovviamente truccato, e continuare a
manipolarlo?».
La risposta, scrivono Craig Roberts e
Kranzler, è che «il sistema politico e finanziario degli Stati Uniti è
stato inghiottito da un sistema di corruzione e criminalità»,
nientemeno. «La politica della Federal Reserve di brogli sui prezzi
delle obbligazioni e dell’oro per dare liquidità alla speculazione del
mercato azionario ha danneggiato l’economia e decine di milioni di
cittadini americani, solo per proteggere le quattro mega-banche dai loro
errori e dai loro crimini». Attenzione: «Questo uso privato
della politica pubblica non ha precedenti nella storia». E’ puro
banditismo. «I responsabili devono essere arrestati e mandati sotto
processo e dovrebbero contemporaneamente essere citati per danni». Il
guaio è che, accanto alle mega-banche, sono implicate le stesse
autorità Usa, che «pagano S&P per mantenere un valore artificiale
del cambio del dollaro e per trovare la liquidità necessaria per
sostenere i titoli azionari e obbligazionari, particolarmente
quest’ultimo tanto artificiosamente alto che i risparmiatori ricevono
dalle banche un interesse reale negativo sui loro risparmi investiti in
obbligazioni». Tutto abusivo, epericoloso,
perché il sistema finanziario è fuori dalla realtà dell’economia:
«Quando le autorità non riusciranno più a tenere in piedi il castello di
carte, il crollo del castello sarà completo».
«La costruzione di questo castello di carta –
accusano Craig Roberts e Kranzler – è la prova della complicità degli
economisti, dell’incompetenza dei mezzi finanziari e della corruzione
delle autorità pubbliche e delle istituzioni private. I capi di una
manciata di mega-banche responsabili di tutto questo problema sono le
stesse persone che siedono al Tesoro degli Stati Uniti, alla Fed di New
York e nelle agenzie che controllano la finanza degli Stati Uniti.
Stanno usando il loro potere di controllo sulla politica pubblica per
proteggersi e per proteggere le loro imprese dai loro stessi
comportamenti insensati». Dettaglio: «Il prezzo di questa protezione è
tutto sulle spalle dell’economia e degli americani che pagano le tasse, e
il prezzo da pagare sta continuando a salire». Ok, l’America sarà anche
la patria dell’economia, vista la quantità di Premi Nobel. Questo però
non spiega «come gli economisti americani non abbiano notato che il
prezzo dell’oro, dell’argento, delle azioni e delle obbligazioni emesse
negli Stati Uniti non abbiano nessun rapporto con la realtà economica
del paese. L’incompatibilità tra mercati e realtà economica non
disturba, comunque, né i politici né gli economisti, che fanno solo gli
interessi del governo e dei gruppi di interesse loro alleati». Il
risultato? «E’ un’economia ridotta a un castello di carte», gestita da
personaggi che «dovrebbero stare in galera, anziché al governo».
Fonte: www.libreidee.org